Lontani da Israele

Sono disgustato dal livello degli articoli e dei commenti sui quotidiani web, nei TG e sui social riguardo all’attacco missilistico iraniano contro Israele.
Esperti da bar sport che discettano a vanvera di geopolitica e tecnologia militare come se fosse normale quello che è successo. Come fosse normale che un paese civile e avanzato come Israele debba vivere continuamente sotto minaccia. Non una parola di solidarietà. 

Chiedo a questa gente:
Se i missili iraniani avessero volato sopra le VOSTRE case come vedreste la situazione?


Se avessero ucciso, rapito e stuprato le VOSTRE mogli e le VOSTRE figlie, ucciso e rapito i VOSTRI bambini, se avessero falciato a colpi di mitra migliaia dei VOSTRI giovani cosa fareste? In Israele è successo sette mesi fa, ve lo ricordate? 


Se da anni doveste correre nei rifugi perché nelle VOSTRE città suonano le sirene di allarme missili, ci avreste fatto l’abitudine?


Se da anni foste sotto la minaccia del terrorismo di chi vuole distruggere il VOSTRO paese ed uccidervi tutti quali sarebbero le vostre priorità? 

E adesso attendo risposte come risposta le solite elucubrazioni pseudo storiche per giustificare i palestinesi, Hamas, Hezbollah, Huthi e i loro mandanti ayatollah. Gente che uccide le donne perché non portano il velo. E vorrebbe imporre la propria legge medioevale a tutto il Medio Oriente e un domani a tutto il mondo.

La violenza filopalestinese

Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari ha sperimentato a Napoli, dove gli è stato impedito di parlare all’università, le conseguenze del violento estremismo filo-palestinese che sta crescendo anche in Italia.
Farà un po’ di autocritica per il modo in cui anche il suo giornale riporta i fatti da Gaza, contribuendo a creare questo clima di odio?

Anche su Repubblica vediamo ogni giorno i conteggi delle vittime “secondo il ministero della salute di Hamas” stranamente precisi alla virgola, sempre e solo civili, mai nemmeno un combattente.
Vediamo le foto strappalacrime, evidentemente professionali e con tutte le luci perfette, di persone che si aggirano sconsolate fra le macerie.
Leggiamo accorati appelli delle ONG sulla crisi umanitaria, sulla gente di Gaza che muore di fame, sul “genocidio”.

Su Repubblica in particolare leggiamo ogni giorno i pezzi, commoventi, del giornalista palestinese “indipendente” Sami al-Ajrami, uno che nel 2017 dichiarava ad un giornale americano:
“Dico che quando sono in una stanza con un leone, devo combattere. So che mi ucciderà, ma devo combattere. Nonostante questo so che è un leone e alla fine morirò, ma almeno combatto. Questo è ciò che stanno facendo i palestinesi e questo è il messaggio che è arrivato agli israeliani: quando uccidi mia figlia, lancerò un razzo, ovunque vada, non mi interessa”.

Sono troppi i quotidiani e i TG che veicolano in modo acritico, senza riscontri, senza verifiche, la propaganda jihadista palestinese.
Una propaganda efficace, molto professionale, che trovo perfettamente sintetizzata da una nota espressione dialettale napoletana: “Chiagne e fotte”.
Espressione con cui la saggezza popolare descrive chi si lamenta per ottenere un vantaggio, facendo leva sul buon cuore della gente per fregarla.
La propaganda palestinese è da sempre una delle massime espressioni mondiali di questa tecnica, e ha raggiunto con la guerra di Gaza vertici di virtuosismo.

Con il pieno consenso della popolazione palestinese, Hamas ha lanciato per anni quasi ogni giorno missili sulle città israeliane.
Ha investito milioni di dollari per trasformare Gaza in una fortezza jihadista diffusa fra case, ospedali, moschee e scuole.
E il 7 ottobre ha compiuto, come deliberata provocazione, una serie di crimini orrendi, massacrando, stuprando, prendendo ostaggi da usare per il più vigliacco dei ricatti.
Una volontà di morte che sgorga da un fanatismo medioevale, un’ideologia che giustifica il martirio anche della propria gente pur di affermare il jihad e annientare gli infedeli.

L’esercito israeliano avrebbe potuto radere al suolo Gaza in due giorni. Sta invece rischiando la vita dei propri soldati per ridurre al minimo i danni ad una popolazione civile che ha dato ad Hamas, da sempre, il suo plebiscitario ed entusiastico consenso come dimostrano senza ombra di dubbio tutti i sondaggi.

Ma ogni giorno sui giornali vediamo un rovesciamento completo della realtà. Le vittime sono sempre e solo i palestinesi.

Gli israeliani devono fermarsi.

(AP Photo/ Phil Nijhuis)

COME SI SCRIVE UN ARTICOLO SU GAZA.

MANUALE DEL PERFETTO GIORNALISTA ANTISEMITA


TITOLO
Un esempio di titolo efficace è questo: “Israele bombarda campo profughi a Gaza. Morti 200 palestinesi fra cui donne e bambini”
Lo so che in realtà è una città con i palazzoni di sette piani, ma “bombardare un campo profughi” fa molto più crimine di guerra.
Bisogna assolutamente omettere il motivo del bombardamento, tanto tunnel e rampe di missili ce l’hanno dappertutto, sono dettagli marginali.
Il numero dei morti lo dice Hamas, ma chi va a controllare? I morti che erano anche membri di Hamas inutile precisarli perché in fondo sono anche loro palestinesi.

FOTO
E’ molto importante, se scegli bene titolo e foto sei a posto. Tanto l’articolo lo leggono in pochi.
Fra le tante che ci arrivano da Gaza usa quelle che colpiscono di più.
Vanno benissimo quelle solite con le macerie e le persone al centro che si aggirano con l’aria sconsolata.
Fai attenzione che si vedano solo le macerie, le case intorno non si devono vedere, ricordati che è un campo profughi.
Non esagerare con quelle con bambini eccetera perché dopo tutte quelle false che ci hanno rifilato la gente si è sgamata.
Se in redazione arrivano anche foto degli israeliani usa sempre solo quelle di carri armati e soldati con il mitra, rinforzano il messaggio.

FONTE
La tua fonte a Gaza è fondamentale.
Devi scegliere figure rassicuranti. Sono perfetti medici, insegnanti o nostri colleghi. Specifica sempre che hanno figli.
Devono solo raccontare il loro dramma, il tono desolato e rassegnato è ideale per suscitare empatia.
Non farli mai parlare degli Israeliani in modo aggressivo, è controproducente perché li fa sembrare meno vittime.
Cerca bene prima sul web che non abbiano postato roba pro-Hamas sui social.

ARTICOLO
A questo punto hai già fatto il tuo dovere. Nell’articolo devi solo allungare il brodo con qualche dettaglio.
Usa anche le informazioni che danno gli israeliani per sembrare neutrale ma mi raccomando di usare sempre il virgolettato e di ricordare sempre che a differenza di Hamas gli israeliani sono i cattivi e non vanno presi sul serio. Perciò scrivi sempre: “secondo l’esercito israeliano” “fonti dell’esercito israeliano sostengono”.

Insomma, hai capito come devi fare.

Buon lavoro!

Foto Reuters

Cosa vuol dire oggi sodalizzare con i palestinesi?

Dalla fine degli anni Sessanta la sinistra occidentale ha appoggiato la cosiddetta causa palestinese ritenendola parte del movimento anticolonialista e antiamericano.

Il terrorismo palestinese contro gli ebrei veniva giustificato come guerra di liberazione di un popolo oppresso. 

E’ ancora attuale questa visione?

Negli ultimi decenni, fra i palestinesi, la componente laica e nazionalista è quasi scomparsa fondendosi nella prevalente ideologia islamica estremista di Hamas e degli altri gruppi islamisti

La quasi totalità dei palestinesi di oggi approva gli obiettivi di Hamas e ne condivide i metodi. Tutti i sondaggi, sia in West Bank che a Gaza confermano un’adesione plebiscitaria ad Hamas, attorno all’80%.

Gli obiettivi attuali dei palestinesi sono quindi quelli di Hamas: la distruzione totale di Israele, lo sterminio degli ebrei e l’instaurazione di uno stato islamico “dal fiume al mare” al posto dello stato di Israele.

I metodi si conoscono. Educazione fin da bambini all’odio antisemita, terrorismo, decine di migliaia di missili sparati negli anni sulle città israeliane e infine l’orrore totale della strage del 7 ottobre. E la minaccia di ripeterla.

Almeno i giornalisti, che hanno il dovere professionale di documentarsi e riferire i fatti, dovrebbero essere consapevoli di questa realtà e dovrebbero aver abbandonato ogni visione romantica del mondo palestinese. Dovrebbero capire che Israele è obbligato ad una lotta feroce per la sua sopravvivenza.

Molti di loro non l’hanno capito o non vogliono capirlo.

Giornalisti anche di testate importanti continuano a descrivere i palestinesi sempre e solo come vittime e diffondono acriticamente la loro propaganda. Prendono per buoni i dati diffusi da Hamas, dalle ONG e dalle organizzazioni ONU colluse con i terroristi. 

Vanno a caccia di ogni dettaglio che possa mettere in cattiva luce gli israeliani.

E così alimentano l’odio contro Israele e il crescente antisemitismo.

Gli esempi sono innumerevoli, cito fra i più tipici Francesca Fanuele del TG LA7 che quando parla di Israele cambia addirittura espressione dalla rabbia.

E lancio un sondaggio: Qual è il vostro giornalista antisemita preferito?

Chi sono i nemici di Israele?


A Gaza Hamas. Islamo-nazisti fanatici con il culto della morte, hanno permeato l’intera società di Gaza come una pianta parassita velenosa.
Hanno fagocitato miliardi di risorse, hanno costruito i loro tunnel nelle case, nelle scuole negli ospedali.
Uccidere gli ebrei è nella prima pagina del loro programma.

In Libano Hezbollah, uno dei cartelli criminali più potenti al mondo, presente nel narcotraffico a livello mondiale.
Condivide con Hamas una visione del mondo mortuaria e fanatica.

In Cisgiordania, le strade delle città sono tappezzate da manifesti che inneggiano agli shahid, ai martiri della fede.
Come si diventa shahid? Uccidendo ebrei.
I bambini fanno apprendistato tirando le molotov, i genitori ne sono fieri.

In Iran, gli stessi ayatollah che suscitano orrore perché uccidono le ragazze a centinaia per un velo portato male.
Sono quelli che organizzano e finanziano tutto questo.

E poi ci siete voi.
Raffinati intellettuali occidentali, profondi opinionisti, giornalisti “esperti” di Medio Oriente come lo siete, stranamente, su tutto.
Voi che mettete sullo stesso piano un popolo civile che lotta da decenni per avere una vita normale e una società arretrata e fanatica come quella “palestinese”.
Voi che scrivete senza farvi domande “secondo il ministero della salute di Gaza”
Voi che anche di fronte all’evidenza scrivete “gli israeliani sostengono che”.
Voi che pubblicate in quantità foto e notizie da Gaza evidentemente manipolate ma di sicuro effetto sui lettori.
Voi che non vedete la differenza fra un massacro intenzionale di civili come quello del 7 ottobre e un’azione militare in aree densamente popolate.
Voi che accusate Israele di risposta sproporzionata ma non volete vedere la strategia di Hamas che si nasconde fra i civili. E li usa da vivi come scudo, da morti come armi politiche.
Voi che parlate di due stati quando è evidente che i nemici di Israele vogliono solo annientarlo e di stati averne uno solo, islamico, dal fiume al mare.

È anche grazie a questo tipo di informazione che gli utili idioti del nazi-islamismo vanno in piazza ad urlare “palestina libera” senza aver capito nulla.

I terroristi palestinesi sono come noi?



Fra le intercettazioni delle telefonate effettuate dai terroristi palestinesi durante l’attacco del 7 ottobre ce n’è una in cui uno di loro chiama il padre a Gaza e poi si fa passare la mamma.
La telefonata è del tutto simile a quella che un nostro studente farebbe ai genitori per comunicare un bel voto o il superamento di un esame importante. Nella voce di questo giovane palestinese c’è entusiasmo, fierezza, urgenza di condividere un successo con mamma e papà. Che infatti lo lodano e ringraziano dio per quanto il figlio è riuscito a realizzare.
Ma il giovane palestinese non dice “mamma, papà ho preso trenta a diritto amministrativo!”. Dice “mamma, papà ho appena ammazzato dieci ebrei!”

Per lui e per i suoi genitori il massacro di infedeli è il felice compimento di un processo educativo che è iniziato quando era piccolo, nelle scuole dell’UNRWA (ONU).
Alla recita di fine anno ha messo in scena con gli altri bambini, vestiti in mimetica, un’azione militare di uccisione di ebrei.
Alle medie ha imparato che tutti i mali del mondo sono colpa degli ebrei e degli americani.
In moschea ha ascoltato devotamente le prediche contro gli occidentali corrotti ed immorali.
Se ha frequentato l’università di Gaza probabilmente sa tutto su esplosivi e propellenti per i missili.
Come soldato di Hamas avrà soldi, privilegi e un grande prestigio sociale.
Se poi morirà in azione diventerà uno shahid, andrà in paradiso, i suoi genitori mostreranno con orgoglio a tutti la sua foto.

Perché tanti giovani occidentali scendono in piazza per solidarizzare con giovani come questo, difendono le azioni dei terroristi come fossero una resistenza eroica contro gli oppressori? Perché si identificano con i terroristi mettendo la stessa kefiah?
Non vedono l’aberrazione di un’ideologia teocratica, arcaica, violenta e mortuaria?

L’analisi storica e politica ci aiuta capire come è nata e si è diffusa in occidente l’ideologia suicida, anti-occidentale, su cui si innesta l’appoggio ai palestinesi e l’odio per Israele.
Ma soprattutto ci aiuta la psicologia. Quello che stiamo vedendo è un caso plateale, di massa, di fallacia della proiezione.
Il tragico errore di pensare a priori che l’altro, che non conosciamo, sia come noi.

Chi uccide gli ebrei è una persona per bene?

Masse di migliaia di persone scendono in piazza in tutto l’occidente gridando “Palestina libera dal fiume al mare”, strappano i manifesti con le foto degli ostaggi. Proclamano la distruzione di Israele e il massacro degli ebrei.
Non dobbiamo indignarci, sono persone per bene.

In questi cortei c’è una forte prevalenza di islamici, figli di immigrati, nati nei nostri paesi, hanno frequentato le nostre scuole.
Hanno trovato nell’Islam più integralista ed arcaico la loro identità, la loro fierezza, la risposta al disagio, alla marginalità.
Brandiscono le bandiere di una religione che ha per simbolo una spada, dove la guerra santa è un dovere per i fedeli. Dove un’unica fede unisce popoli diversi in una Umma che è anche comunanza di lingua, di cultura.

Per loro i miliziani di Hamas che hanno non solo ucciso, ma annichilito anche l’essenza umana degli infedeli ebrei non sono mostri.
Sono devoti che hanno scelto il martirio per eliminare dalle terre islamiche Israele e con esso la corruzione occidentale. Puri come, nel mondo cristiano, chi ha appena preso l’ostia sacra. Eroi, come era il crociato che vedeva la croce nell’elsa della sua spada.

Quindi non dobbiamo guardarli stupiti ma capire i loro valori e decidere se possono essere anche i nostri.
Ci sta bene sottostare solo alla legge religiosa, la sharia? Abbracciamo il Jihad e la sottomissione degli infedeli come obbligo centrale della fede?
Vogliamo considerare la donna come subordinata e dipendente dal maschio, con l’obbligo del velo? L’omosessualità un reato punibile con il carcere o la morte?
Ci identifichiamo in questo Islam arcaico, l’Islam dell’Iran e di Hamas?

Poi ci sono gli occidentali, con loro. Molti giovani. Marciano assieme urlano gli stessi slogan. Non sanno bene cosa vuol dire liberare la Palestina dal fiume al mare ma sono attratti da una causa che sentono come forte.
Nei palestinesi vedono solo i deboli del mondo che si ribellano e quindi sono con loro, come loro.
Anche qui si tratta di insicurezza e identità, il cemento ideale del consenso ad una causa. La sicurezza si trova nell’agire, nella condivisione di riti collettivi, nell’identificazione di un colpevole.

Novanta anni fa, quando fu scattata questa foto, successe la stessa cosa con l’allevatore bavarese, con il piccolo impiegato prussiano. Impoveriti, spaventati, senza riferimenti nella Germania del primo dopoguerra, trovarono nel nazismo orgoglio e identità, nell’ebreo il nemico.
Ma l’allevatore bavarese, l’impiegato prussiano erano persone per bene. Eichman, durante il processo, sosteneva che lui aveva solo fatto il suo dovere.

Era una persona per bene.

Antisemitismo oggi

Ieri ho visto su Linkedin il post di un politico fiorentino che seguo. Persona molto civile e colta. Il post era sulla morte di un giovane arabo con problemi mentali ucciso per errore tempo fa dalla polizia israeliana perché non si era fermato ad un posto di blocco ed era stato scambiato per un terrorista.

Da quest’episodio l’autore montava il classico repertorio anti-israeliano concludendo che Israele “fa pulizia etnica”.
Mi sono chiesto: come può una persona per bene scrivere una calunnia così platealmente falsa?

La risposta purtroppo è semplice. Antisemitismo, anche se quel politico lo negherebbe indignato.

Gli iraniani e i loro alleati palestinesi, nel delirante desiderio di sterminare gli Israeliani per ristabilire la purezza islamica “dal fiume al mare”, usano deliberatamente tutti gli stereotipi classici dell’antisemitismo, attualizzandoli con abilità.

I “palestinesi” sono sempre e solo vittime. Gli Israeliani sono “occupanti” ricchi e potenti, usano una forza spropositata contro un popolo oppresso che lotta per la libertà. Gli Israeliani imprigionano Gaza, fanno “pulizia etnica” uccidono i civili. Uccidono anche i bambini.

Questa narrazione martellante, ripresa in modo acritico sui social, e anche da molti giornalisti, risveglia pregiudizi e stereotipi antichi ma ancora presenti nell’inconscio culturale dell’occidente.

Gli ebrei ricchi, potenti, che dominano il mondo, Soros eccetera. Tutto l’armamentario degli stereotipi antisemiti è noto e non serve ripeterlo.  
Ricordo solo, perché particolarmente odiosi, i “blood libels”, in italiano calunnie del sangue, un tema ricorrente fin dal medioevo.
Accuse di aver diffuso la peste, di omicidi rituali di bambini per usarne il sangue nelle azzime si sono ripetute nei secoli e hanno causato il massacro di intere comunità ebraiche nel corso della storia.

In Italia il caso più noto è quello di San Simonino, il bambino che secondo il vescovo di Trento era stato rapito dagli ebrei locali e sadicamente ucciso per usarne il sangue. Era il 1475.
Il culto di San Simonino, molto diffuso anche nell’iconografia cattolica nel Nord Italia, è stato abolito dalla chiesa solo il 28 ottobre del 1965.

Interno lucchese

Sedie e signore
di antiche grazie.
Barocche rugose
annerite
dal fumo
di infinite canaste
benefico malefiche.

Musici assoldati
un tanto l’ora
levano a contrasto
invano
flebili minuetti
di Boccherini.

Il sasso

Io sono questo sasso
lasciato dal mare sulla riva
levigato da millenni di onde

Concrezioni e cristalli
ne fanno la bellezza quieta
ricordo di eruzioni e di vulcani

Ora lo scalda il sole
e attende
che la sabbia lo copra

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